La riscossione degli oneri condominiali. Divisione delle spese.
L’amministratore dell’edificio condominiale è il mandatario dei condomini ed è quindi chiamato a rispondere del proprio operato solo a loro e non anche agli inquilini.
E’ assolutamente opportuno infatti evidenziare che il rapporto di locazione, essendo un rapporto obbligatorio, vincola solo le parti (art. 1372 c.c.) e non i terzi come l’amministratore, che è del tutto estraneo ai rapporti fra locatore e conduttore.
Ciò significa che egli ha l’obbligo di richiedere ai condomini il pagamento delle spese anche nel caso in cui l’unità immobiliare sia stata concessa in locazione. Non spetta infatti all’amministratore provvedere a ripartire le spese tra condomino e inquilino, salvo che simile incarico gli sia stato affidato dal proprietario del bene. In tal caso l’incarico di ripartizione è tuttavia svincolato dal mandato ad amministrare e non vi è contenuto, con la conseguenza che l’amministratore può richiedere un compenso ulteriore per tale attività. E’ però pacifico che anche in tale caso, qualora l’inquilino non provveda al tempestivo versamento delle quote di spesa previste a suo carico dalla legge o dal contratto, è il condomino-locatore che deve intervenire per evitare di risultare moroso nei confronti del condominio.
E’ corretto ritenere che l’amministratore sia tenuto alla richiesta degli oneri direttamente al conduttore, ove ci sia un accordo con il locatore? Può ritenersi che tale accordo sia desumibile da una prassi seguita per un certo periodo?
Non si possono ravvisare vincoli negoziali nella mera prassi o consuetudine dell’amministratore di condominio che si rivolge in via prioritaria ai conduttori (e non ai condomini locatori) per il pagamento degli oneri condominiali” (Cass.13-9-2006 n.19650).
Non a caso la Cassazione, in varie precedenti pronunce, è concorde nel ritenere che “la legge n. 392/1978 (cosiddetta dell’equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio degli edifici, sicché l’amministratore ha diritto -ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. stesso codice – di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni e i servizi nell’interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un’azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari (contro i quali può invece agire in risoluzione il locatore ex art. 5 della citata legge n. 392/1978 per il mancato rimborso degli oneri accessori), anche con riguardo alle spese del servizio comune di riscaldamento ancorché questi ultimi abbiano diritto di voto, in luogo del condomino locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione“ (Cass., 12 gennaio 1994, n. 246; Cass. 3 febbraio 1994, n. 1104; Cass, 28 ottobre 1993, n. 10719; Cass.14 luglio 1988, n. 4606.)
Infatti, l’art. 10 della detta legge dell’equo canone – che, ribadendo sostanzialmente la disciplina già introdotta dall’art. 6 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, prevede con norma eccezionale, un’ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria- non ha comportato modificazioni al disposto dell’art. 66 disp. att. c.c., che disciplina la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell’appartamento, restando solo lo stesso proprietario tenuto a informare il conduttore dell’avviso di convocazione ricevuto dall’amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione (Cass., 22 aprile 1992, n. 4802; Cass., 3 ottobre 2005, n. 19308).
Ne deriva che l’amministratore non ha alcun obbligo di eseguire farraginose ripartizioni delle varie spese di condominio tra proprietario e inquilino – cercando eventualmente la soluzione ai propri dilemmi nelle tabelle di riparto approvate di volta in volta dalle associazioni di categoria – restando un onere delle parti del contratto di locazione conferirgli specifico mandato per la ripartizione e riscossione dei contributi condominiali in base agli accordi raggiunti tra le parti.
E’, dunque, al proprietario che l’amministratore dovrà sempre rivolgersi per le richieste di pagamento, anche per il servizio di riscaldamento o di condizionamento, in quanto l’eventuale voto espresso nell’assemblea dall’inquilino deve intendersi sempre e soltanto in sostituzione del proprietario, al quale spetta il relativo diritto per legge.
Del resto un eventuale accordo per la richiesta e riscossione degli oneri condominiali direttamente nei confronti del conduttore presenta notevoli difficoltà.
In primo luogo, il meccanismo previsto dall’art.9 L.392/78 verrebbe stravolto, poiché sarebbe l’amministratore (soggetto estraneo) a chiedere il pagamento degli oneri, verosimilmente senza dover rispettare i tempi di cui all’art.9 L.392/78.
In secondo luogo eventuali accordi dovrebbero essere trilateri, ossia la pattuizione per la riscossione diretta dovrebbe essere conclusa fra l’amministratore, il locatore e il conduttore e dovrebbe anche prevedere il superamento delle prescrizioni dell’art.9.
Tuttavia tale accordo di obbligazione lascerebbe forti perplessità in ordine alla successione di uno o più soggetti dell’accordo, in particolare l’amministratore. Non essendo l’amministratore tenuto a tale riscossione diretta per legge o per regolamento, un eventuale accordo potrebbe vincolare solo l’amministratore che lo sottoscrive e non il suo successore.
Carlo Patti, Consulente Legale ANACI Roma