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L’impresa può eseguire lavori extracontratto?

L’impresa può eseguire lavori extracontratto?

Le opere eseguite arbitrariamente dalla società appaltatrice non possono essere messe a carico del committente.

Avv. Mariano Acquaviva 22/02/2023

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 273 dell’11 gennaio 2023, ha affrontato il problema dei lavori extracontratto eseguiti dall’impresa appaltatrice a favore del condominio committente. La pronuncia è particolarmente interessante in quanto sancisce l’obbligo dell’impresa a risarcire i danni e a restituire quanto ricevuto per le opere non concordate. Approfondiamo la pronuncia in commento.

Appalto e lavori in condominio: il caso

La vicenda prende le mosse dall’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dal condominio, il quale si doleva delle somme richieste dall’appaltatore, a proprio dire illegittime e infondate.

Per la precisione, il condominio non solo riteneva di non dovere nulla alla ditta ma, in via riconvenzionale, domandava la risoluzione per inadempimento del contratto d’appalto fatto valere in fase monitoria o, in subordine, la restituzione delle somme versate in eccesso per lavori non autorizzati e, in ogni caso, il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dell’inadempimento contrattuale.

L’illegittimità dei lavori extra contratto

Secondo il Tribunale di Napoli è evidente il grave inadempimento in cui è incorsa la società appaltatrice nell’esecuzione del contratto.

Essa, infatti, ha realizzato meno della metà degli interventi concordati, addebitando tuttavia alla parte committente una spesa pari a quasi la totalità dell’importo pattuito come limite massimo di spesa.

Tali maggiori costi, sebbene corrispondenti a lavori effettivamente eseguiti e non contestati, non possono essere posti a carico del committente perché concernenti lavori extracontratto eseguiti arbitrariamente dalla società appaltatrice, in assenza del consenso della controparte.

La circostanza che alcuni di questi lavori extracontratto possano essere considerati necessari non appare dirimente ad avviso del CTU, soprattutto alla luce delle previsioni contrattuali.

Invero il contratto d’appalto prevedeva un obbligo di preventiva approvazione per qualsiasi lavoro aggiuntivo non contemplato nel computo metrico.

Per la precisione, nell’appalto v’era scritto che «le variazioni di costo fino ad un massimo del 5% dell’intero importo appaltato e le attività non quantificate e/o contabilizzate nel computo metrico devono essere vagliate dalla Direzione Lavori e che eventuali ulteriori variazioni di costo e/o ulteriori lavori non contemplati nel computo metrico, oltre la percentuale del 5%, devono essere preventivamente approvati dal Committente in un’assemblea condominiale»

Da tale previsione emerge, pertanto, l’intenzione delle parti di derogare alla regola ormai consolidata in giurisprudenza secondo cui «In tema di appalto, le variazioni non previste nel progetto, ove strettamente necessarie per la realizzazione dell’opera, possono essere eseguite dall’appaltatore senza la preventiva autorizzazione del committente ma, in tal caso, ove manchi l’accordo tra le parti, spetta al giudice accertarne la necessità e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti» (Cass., sent. n. 10891/2017).

Il CTU ha accertato che i lavori extracontratto eseguiti dall’impresa superano abbondantemente il limite del 5% stabilito nel contratto; per la loro esecuzione era dunque necessaria l’approvazione da parte del condominio.

Appare dunque evidente, a parere del giudice partenopeo, che il decreto ingiuntivo opposto abbia ad oggetto una pretesa di pagamento di lavori extracontratto che non sono stati né commissionati né approvati preventivamente dal committente.

Ne consegue che l’esecuzione degli stessi da parte dell’opposta appaltatrice integra un inadempimento contrattuale che non può certamente costituire una fonte di guadagno per la parte inadempiente.

La risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatrice

Anche la domanda riconvenzionale del condominio va accolta. La CTU ha permesso di rilevare la mancata esecuzione di alcune opere contrattualizzate, nonché la cattiva realizzazione di altre: ad esempio, dal sopralluogo effettuato dal Consulente è emersa la presenza di alcuni difetti cromatici sulla facciata condominiale, così come l’esecuzione non a regola d’arte della copertura dei ferri della rete elettrosaldata e della posa del copriferro delle armature metalliche.

Come già evidenziato prima, inoltre, deve ritenersi accertato l’inadempimento della società appaltatrice anche con riferimento all’obbligo contrattuale di richiedere il consenso del committente prima di poter procedere ad eseguire lavori extracontratto.

Ne deriva che, sebbene in parte necessarie, le suddette variazioni dovevano essere obbligatoriamente autorizzate preventivamente dalla controparte, così come stabilito dal contratto d’appalto.

Dato l’ingente valore delle variazioni non autorizzate, e delle lavorazioni non eseguite unitamente ai vizi di alcune opere, il Tribunale di Napoli ritiene integrato un grave inadempimento da parte della società appaltatrice che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.

Come insegna la Suprema Corte, infatti, «il principio sancito dall’art. 1455 cod. civ., secondo cui il contratto non può essere risolto se l’inadempimento ha scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altra parte, va adeguato anche ad un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale.

Pertanto, la gravità dell’inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all’entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione» (Cass., sentenza n. 14034/2005).

Nel caso di specie l’espressa previsione della doverosità di una preventiva approvazione da parte del committente di qualsiasi variazione oltre il 5% rispetto a quanto concordato nel computo metrico è giustificata dalla necessità per il Condominio di fronteggiare i costi dell’appalto con le somme ricevute a titolo di risarcimento dal Comune e, comunque, di non sostenere ingenti costi aggiuntivi senza aver preventivamente vagliato la natura indispensabile degli stessi ai fini della corretta esecuzione dell’opera ed ottenuto conseguentemente il consenso dei condòmini.

Pertanto, è da considerarsi grave l’inadempimento in cui è incorsa la società appaltatrice, in quanto deludeva l’aspettativa del committente di conseguire, a fronte del massimo di spesa concordato, un risultato completo che permettesse di mettere in sicurezza l’edificio.

La restituzione di quanto pagato per le opere extracontratto

Dall’accoglimento della domanda di risoluzione deriva la condanna di parte opposta alla restituzione di quanto ricevuto indebitamente per le opere extracontratto non autorizzate.

Invero, «in tema di appalto, gli effetti recuperatori della risoluzione in ordine alle prestazioni già eseguite operano retroattivamente, in base alla regola generale prevista dall’art. 1458 c.c., verificandosi, per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempienza, una totale “restitutio in integrum”.

Ne consegue che, nel caso di risoluzione del contratto per colpa dell’appaltatore, quest’ultimo ha diritto, in detrazione alle ragioni di danno spettanti al committente, al riconoscimento del compenso per le opere effettuate e delle quali, comunque, il committente stesso si sia giovato» (Cass., ordinanza n. 27640/2018).

Nel caso di specie il condominio si è giovato delle opere eseguite in esecuzione del contratto, che non vanno certo demolite, dato anche l’interesse pubblico sotteso a tali interventi per la messa in sicurezza dell’edificio.

Dalla somma pagata dal committente va pertanto decurtato l’importo corrispondente alle opere concordate che spettano alla società appaltatrice.

Ne deriva che, a fronte della risoluzione del contratto per colpa dell’opposta, quest’ultima dovrà restituire al committente la differenza tra quanto da quest’ultimo pagato e il compenso a cui la stessa aveva invece effettivo diritto.

Il risarcimento dei danni per i lavori extracontratto

La società opposta è vori extracontratto.

La società opposta è incorsa in un duplice inadempimento: l’esecuzione di lavori extracontratto non autorizzati e la non corretta esecuzione di alcune opere.

In relazione al primo inadempimento parte opponente non ha adeguatamente allegato e provato quali siano stati gli specifici danni sofferti in conseguenza delle variazioni non autorizzate. Non può, pertanto, ritenersi assolto l’onere probatorio gravante sulla stessa a sensi dell’art. 2697 c.c.

Per quanto concerne, invece, i danni causati dall’esecuzione non a regola d’arte di alcuni lavori di manutenzione, questi devono ritenersi provati alla luce dell’elaborato peritale.

Fonte: https://www.condominioweb.com/limpresa-puo-eseguire-lavori-extracontratto.20308#2

GECOSEI di Giuseppina Napolitano

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