Trasformare un balcone in veranda: quale titolo edilizio è necessario?
Trasformare un balcone in veranda: quale titolo edilizio è necessario?
16 maggio 2019/da Mario Guerriero
Tar Campania: la chiusura di un balcone per la realizzazione di una veranda crea nuova volumetria e necessita quindi del permesso di costruire; non è né pertinenza né volume tecnico
Con la sentenza n. 2318/2019 del Tar Campania viene affrontato l’annoso problema delle modalità attraverso cui è possibile trasformare un balcone in veranda.
I fatti in breve
A seguito di accertamenti effettuati da parte dei vigili urbani presso un appartamento sito al primo piano di uno stabile, si è constatata la chiusura di un balcone con una veranda in alluminio anodizzato e vetro, di metri 1,75 per 1,05.
Accertata l’assenza dei necessari titoli abilitativi, con una disposizione dirigenziale del Comune del 2015 viene ordinata quindi la demolizione della veranda e il ripristino dello stato dei luoghi.
I proprietari hanno impugnato il provvedimento dinanzi al Tar in quanto si tratterebbe di: “opere manutentive e pertinenziali di modesta rilevanza e come tali assoggettabili a DIA“.
La decisione del Tar
Secondo i giudici:
l’intervento costituisce una vera e propria ristrutturazione, che necessitava del permesso di costruire. In tal senso, sul piano qualificatorio, precipuo rilievo assumono la creazione di un nuovo volume, incidente anche sotto il profilo della alterazione dei prospetti e della sagoma dell’edificio,
Per il Tar, la realizzazione di una veranda rappresenta quindi un intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio con incremento delle superfici e dei volumi e come tale è subordinato a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, del dpr n. 380/2011.
Infatti secondo la giurisprudenza:
gli interventi edilizi che determinano una variazione plano volumetrica e architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzati, quali le verande edificate sulla balconata di un appartamento, sono soggetti al preventivo rilascio del permesso di costruire.
I giudici campani richiamano, inoltre, una precedente sentenza dello stesso Tar (sentenza Tar n. 259/2015), secondo cui:
in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata a non sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile.
In particolare, secondo la sentenza la chiusura di una veranda, a prescindere:
- dalla natura dei materiali utilizzati;
- dalle modeste dimensioni;
costituisce comunque un aumento volumetrico e un mutamento del prospetto/sagoma dell’edificio.
Pertanto è corretta la determinazione dell’amministrazione, secondo cui le opere, si pongono in insanabile contrasto con il PRG, che consente per quella zona specifica esclusivamente la conservazione dei volumi preesistenti, con divieto di realizzazione di nuovi volumi.
Il carattere pertinenziale e le verande
Secondo i giudici il manufatto in esame non può essere considerato una pertinenza ai fini urbanistici.
Basandosi su una consolidata giurisprudenza occorre, infatti, distinguere:
il concetto di pertinenza previsto dal diritto civile dal più ristretto concetto di pertinenza in senso urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altre costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire.
In materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere prive di autonoma destinazione, che esauriscono la loro destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.
La sentenza, inoltre, esclude che le verande possano considerarsi come “volumi tecnici” in quanto prive di autonomia funzionale e non destinate ad ospitare impianti.
GECOSEI di Giuseppina Napolitano