Condòmino che cade dalle scale? Il risarcimento è difficile.
Condòmino che cade dalle scale? Il risarcimento è difficile.
Nessun risarcimento del danno al condomino che scivola sulle scale condominiali atteso che lo stesso conosce perfettamente i luoghi e la loro pericolosità.
Avv. Caterina Natalotto – Foro di Palermo 25/05/2021l
La caduta all’interno del condominio deve ritenersi imputabile al caso fortuito, consistente nella colpa del danneggiato, laddove quest’ultimo, con buona visibilità, adottando un comportamento ordinariamente cauto, avrebbe potuto evitare la caduta stessa.
Infatti, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’uso della normale diligenza, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento del danneggiato nel dinamismo causale del danno, fino a interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.
Il danno lamentato da una condomina che scivolava per le scale cndominiali a causa del cattivo stato di manutenzione degli scalini, secondo il Tribunale di Savona con sentenza n. 328 del 27 aprile 2021, deve essere ricondotto in via esclusiva alla condotta imprudente e/o negligente della stessa che dichiarava di conoscere perfettamente lo stato dei luoghi in essere da molti anni, e che non era intervenuta alcuna modifica.
Il decidente non ha ritenuto riconoscere la sussistenza di alcuna insidia e/o trabocchetto bensì solo una condotta imprudente e/o negligente della vittima.
Caduta dalle scale e responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.
Per la giurisprudenza maggioritaria, il condominio in qualità di custode dei beni comuni risponde per responsabilità oggettiva configurabile in virtù della sola relazione materiale sussistente con i beni in comune e che, in quanto tale, risulta esclusa soltanto quando “l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioè quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile” (Cass. civ. 11695/2009).
Ciò nonostante, ottenere il risarcimento per danno da caduta in ambito condominiale è sempre più difficile. Non basta fornire la prova del nesso di causalità tra l’evento ed il danno ovvero l’esistenza del trabocchetto o insidia, diventa fondamentale indagare il “comportamento” tenuto dal danneggiato nell’occorso.
La condotta del danneggiato nell’incidenza causale dell’evento dannoso
L’art. 2051 c.c., oltre a non dispensare il danneggiato dal provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente offensiva, posseduta dalla cosa, esclude la responsabilità del custode della cosa comune se questo prova il caso fortuito, nel quale può rientrare anche la condotta della stessa vittima.
Secondo la tradizionale giurisprudenza di legittimità il danno rilevante – di cui cioè il custode è responsabile – prescinde dalle caratteristiche della cosa custodita, sia quindi essa più o meno pericolosa, c.d. sagente (ovvero dotata di intrinseco dinamismo) oppure no rileva piuttosto di altri fattori esterni.
Si cita infatti la Cass. civ. n. 2480 in data 1/2/2018, secondo cui in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, “la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro“.
Conforme Cass. Sez. 6 – 3, ordinanza n. 9315 del 3/4/2019, ed in senso analogo v. altresì Cass. Sez. 3, sentenza n. 15761 del 29/7/2016, secondo cui sulla responsabilità dell’ente proprietario di una strada aperta al pubblico può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 c.c.
Parimenti, secondo Cass. III civ. n. 25837 del 31/10/2017, la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia costituisce “caso fortuito”, idoneo ad escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c., ove sia colposa ed imprevedibile. V. altresì similmente Cass. Sez. 6-3, ordinanza n. 27724 del 30/10/2018: il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del messo di casualità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva. Conforme id. n. 30775 del 22/12/2017.
Ricapitolando dunque possiamo sintetizzare dicendo che in caso di caduta sulle scale condominiali, la vittima ha l’onere di provare il danno e il nesso causale tra la cosa e il danno, mentre non gli spetta dare prova dell’insidiosità della res, ed il custode/condominio ha l’onus probandi del c.d. caso fortuito, ovvero la condotta poco accorta o imprudente della vittima vale a dire quell’elemento esterno che cagiona o concorre a cagionare l’incidente eliminando la responsabilità oggettiva del custode della cosa.
GECOSEI di Giuseppina Napolitano